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MACBETH DI SHAKESPEARE: IL POTERE FONTE DI ANGOSCIA

 

Domenica 22 gennaio il Liceo Vasco-Beccaria –Govone di Mondovì ha avuto per il suo “cartellone” la terza giornata teatrale: più di cento le adesioni, tra studenti e non, per assistere alla rappresentazione di “Macbeth”, celeberrimo dramma di William Shakespeare, presso il Teatro Stabile di Genova. La tragedia, in cinque atti, mette in scena le vicende di Macbeth, barone scozzese, che, persuaso ed assistito dalla moglie, uccide il re Duncan, per impadronirsi del trono: ma è solo l’inizio di un impressionante crescendo di delitti, perché il potere è instabile e ovunque egli vede potenziali nemici ed oppositori. Al termine Macbeth muore per mano di MacDuff, ex alleato del protagonista, e il suo castello viene assalito da diversi nobili scozzesi, alleati dei figli di Duncan. Così si rivelano vere tutte le profezie delle streghe, che danno inizio alla rappresentazione.

Centrali i temi del male, incarnato da Lady Macbeth, e dalla brama di potere, oltre alla riflessione sull’insensatezza della vita, definita da Macbeth, nel V atto, “una favola raccontata da un idiota, piena di rumore e furore, che non significa nulla”.
Il regista, Luca De Fusco, ha realizzato un’ottima rappresentazione, includendo anche scene che, spesso, sono tagliate (come il monologo del portinaio, che ha affascinato molto il pubblico). Ha, inoltre, saputo mantenere l’ambiguità riguardo le visioni di Macbeth, come il pugnale che lo esorta a uccidere Duncan, o il fantasma di Banquo, fatto eliminare dal protagonista. Nel testo non è spiegata la natura di tali fenomeni: secondo l’interpretazione di George Steiner, essi sono effettivamente reali, entità soprannaturali che si presentano a Macbeth, come le streghe. Harold Bloom, invece, li considera proiezioni di Macbeth stesso, che, esasperato dal senso di colpa, diventa sempre meno lucido e sempre più vittima delle sue allucinazioni, frutto del suo forte rimorso. Il regista li ha inseriti ricorrendo a suggestive proiezioni che si inseriscono perfettamente nel meccanismo scenico.

Il male è stato presentato sia nel suo aspetto immanente, secondo la lettura di Freud, sia in quello trascendente, in quanto indotto dalle streghe, entità non certo terrene. Freud, inoltre, analizzò il personaggio della Lady, notando come Shakespeare, pur vissuto secoli prima dell’avvento della psicanalisi, abbia colto la nevrosi che scaturisce dal raggiungimento del successo, di cui però non si riesce a godere. Il senso di colpa, infatti, si esprime solo dopo aver compiuto il regicidio: in questo modo, mentre la Lady architetta il delitto col marito, non prova risentimento, ed effettivamente riesce nell’impresa. Tuttavia, raggiunto lo scopo, ovvero il titolo di regina, la sua coscienza morale si attiva, portandola ad uno stato di fortissimo turbamento. Il medico, nella famosa scena della “passeggiata notturna” della lady, dice alla serva che non un medico, ma un sacerdote, può aiutare la regina: Shakespeare intuì, insomma, la potenza dell’inconscio.

L’intervallo ha diviso la tragedia in due parti simmetriche: entrambe si sono aperte con le streghe, interpretate dalle danzatrici della compagnia Körper, protagoniste di varie coreografie. Gli effetti visivi e sonori hanno creato un’atmosfera perfetta, spesso inquietante, in grado di trasmettere l’angoscia del protagonista. Le continue proiezioni, di animali o dei volti di alcuni personaggi, hanno reso più intense le scene, coinvolgendo maggiormente gli spettatori. Interessante la proiezione della parte centrale della scena, ripresa in diretta da dietro: al centro della visione è stato così creato uno “specchio”, che permette di vedere frontalmente i personaggi, anche quando questi non sono rivolti verso il pubblico. Anche la cura della traduzione del testo, elegante ma non troppo complicata, ha fatto sì che gli spettatori potessero seguire facilmente lo svolgersi delle vicende.

Di ottimo livello anche la recitazione di tutto il cast: spiccano Luca Lazzareschi (Macbeth), Gaia Aprea (Lady Macbeth) e Claudio Di Palma (MacDuff), che non hanno però sminuito le grandi performances di tutti gli attori, capaci di esprimere al meglio la psicologia dei rispettivi personaggi e le forti emozioni che caratterizzano l’opera. Lazzareschi ha interpretato magistralmente Macbeth, mettendo in risalto, attraverso i numerosi monologhi, prima l’indecisione, poi la paura, ed infine la follia del protagonista. Curiosa la scelta per il duello finale tra Macbeth e MacDuff, inscenato con un effetto rallentato e la diffusione del rumore generato dal cozzare delle spade, e seguito dalla salita al trono di Malcolm, erede legittimo al trono, in quanto figlio di Duncan. Una grande messa in scena, completa, intensa e coinvolgente: di certo ha molto coinvolto il pubblico, che al termine si è profuso in calorosi applausi.

Francesco Viglino –  5 A, Liceo Classico

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