Nella mattinata di venerdì 10 gennaio, nella Sala Borsellino cortesemente messa a disposizione dal limitrofo Istituto Alberghiero G.Giolitti, tutto il Liceo Classico di Mondovì ha partecipato al Progetto ARBor, reso possibile grazie alla collaborazione con la Facoltà di Lettere Classiche dell’Università di Torino.
Il termine “ARBor” contiene un acronimo, evidenziato dalle tre maiuscole: A per “Atene”; R per “Roma” e B per “Bisanzio”, le tre culle della cultura occidentale.
Va rilevata con piacere la presenza della “B”, cioè della civiltà bizantina, purtroppo del tutto trascurata al Liceo.
Il simbolo dell’albero, poi, abbastanza intuitivamente rimanda proprio alla cultura, della quale – come insegna Aristotele – “le radici sono amare, ma i frutti dolci”: “albero” che deve, appunto, come ha evidenziato la Prof.sa Manuela Calvi, coordinatrice del Progetto, avere radici forti, diramarsi in più direzioni e crescere sempre.
La prima conferenza verteva sulle diverse concezioni dell’aldilà all’interno della cultura classica: un argomento vastissimo, che coinvolge tanti autori, opere e temi iconografici. L’oltretomba ha come ambiti di esistenza la teologia, la letteratura e ogni forma di espressione umana ed è stimolante da affrontare in un discorso globale, che attraversa le diverse epoche.
La prima figura analizzata è stata il temibile dio degli Inferi, Ade, nelle sue rappresentazioni: una testa di Ade con la barba blu (colore del livor mortis), ritrovata in Sicilia, ha permesso il collegamento con la lettura di un passo dell’Inno omerico a Demetra. Scopriamo che Ade era un dio importante, ma era stato relegato al meno nobile dei regni: ottenne gli Inferi e un destino nefasto, quello di non riuscire a trovare una compagna. Perciò rapì Persefone, la figlia di Demetra, e la portò con sé nelle profondità della terra, nel buio, tra le anime semicoscienti dei morti, tutte destinate ad un simile e grigio destino. Una situazione talmente negativa che Achille, nel dialogo con Odisseo in Od.XI, rivelerà di preferire vivere come l’ultimo dei bifolchi sulla terra piuttosto che essere principe negli Inferi.
L’aldilà omerico non prevede né colpe né punizioni: solo per determinati casi, in modo del tutto arbitrario, gli dei attribuiscono pene esemplari.
A Tantalo, che avrebbe (a seconda delle versioni del mito) o servito carni umane al banchetto degli dei o assaggiato l’ambrosia, fu imposta una punizione terribile: essere assetato ed affamato, pur circondato dall’acqua e dal cibo, che però scomparivano se egli provava a toccarli.
Il gigante Tizio, invece, aveva tentato lo stupro di una dea, Latona. Questi fu dunque steso su un terreno di nove iugeri e il suo fegato dato in pasto agli avvoltoi.
Una figura ripresa poi nella letteratura più volte fino al Novecento, con Albert Camus, è Sisifo: costretto a spingere un sasso sul fianco di una montagna, che poi immancabilmente rotolava giù ogni volta.
Dopo una breve pausa è iniziata la seconda conferenza, della Prof.sa Anna Maria Taragna, incentrata sull’impiego delle parole in guerra, soffermandosi in particolare sui testi bizantini. Questo intervento ci ha permesso di incontrare anche quella letteratura, che resta esclusa dalla trattazione liceale. Inoltre, ciò ha rappresentato un grande spunto di riflessione per noi grazie al tema trattato, la guerra, che è, purtroppo, di grande attualità. Basta infatti guardare all’Ucraina o al Medio Oriente per ritrovare gli scenari di devastazione che da sempre caratterizzano i conflitti.
Proprio il Levante è oggi una regione di conflitto come lo era al tempo dei Bizantini, la cui civiltà millenaria si è quasi sempre ritrovata in guerra anche se non per propria scelta. Per loro la guerra era un male terribile, frutto del lavoro del diavolo, ma necessario per la loro sopravvivenza: concezione profondamente diversa da quella classica, che ha nel polemos le sue radici profonde, come vediamo nell’Iliade e nell’Odissea e nei versi di Tirteo.
Nei testi bizantini sulla strategia ci siamo poi soffermati sull’importanza che essi davano all’arte dell’inganno (dolos) e dei sotterfugi e al ruolo giocato in ciò dall’arte della parola.
Un excursus sulla storiografia bizantina è stato l’occasione per mettere a confronto l’uso di alcune formule da parte degli autori greco-medievali con le stesse formule degli storiografi classici: da Erodoto a Tucidide a Procopio di Cesarea. Questo gusto per le citazioni aveva lo scopo di stimolare intellettualmente il pubblico, costituiva un sapiente gioco di rimandi. La conferenza si è conclusa con l’analisi delle regole retoriche che secondo i bizantini erano fondamentali per riuscire ad incoraggiare i soldati prima, dopo e durante una battaglia.
Due conferenze, in conclusione, diversissime tra loro per argomenti e per stile espositivo, ma accomunate dall’entusiasmo dei due relatori, che ha positivamente “contagiato” anche noi, rafforzandoci nel convincimento che sia al Liceo che all’Università lo studio è un’attività intensa, che richiede passione e che può assicurare piacere e gratificazione, con buona pace di chi oggi predica che conti solo un sapere sempre e comunque professionalizzante.
Giulio Toppino, 3 A e Pierfrancesco Griseri, 4A
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